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lunedì 31 ottobre 2016

Riepilogo di Chimica Fisica

Materia e stati di aggregazione
La materia è costituita da atomi e molecole Lo stato della materia è descritto da 4 parametri: Temperatura, Pressione, Volume, Concentrazione. Lo stato di aggregazione solido, liquido, e gassoso dipende dalle distanze interatomiche ed intermolecolari, ovvero dalle interazioni tra le particelle, ovvero ancora dalle forze di coesione.
I diversi stati di aggregazione si differenziano significativamente nella mobilità delle particelle (atomi o molecole) come risultato delle forze di coesione.

Gas: moti disordinati e veloci; leggi dei gas ideali valide solo a bassa pressione (equazione di stato PV = nRT)

Liquidi: moti disordinati ma meno veloci di quelli dello stato gassoso. Parametri significativi: densità, viscosità e tensione superficiale (dipendono tutti dalle forze di coesione, ovvero dalla natura delle interazioni tra atomi e molecole). Densita’ rappresenta l’aspetto statico delle forze di coesione, la viscosita’ quello dinamico visto come resistenza allo scorrimento, la tensione superficiale ancora quello dinamico visto come resistenza al passaggio di stato di aggregazione o di fase (in particolare la transizione liquido -> gas)

Solidi: atomi e molecole mantengono sostanzialmente la reciproca posizione spaziale. Amorfi e cristallini. Allotropia (riguarda gli elementi es. C) e Polimorfismo (riguarda le molecole, i composti es. CaCO3) Passaggi di stato di aggregazione. Calore latente per sostanze pure (entalpia) 

Aspetti energetici di un sistema Sistema: porzione di universo che viene considerata Sistema aperto, chiuso, isolato Esempi:  Una pagina di un libro (fatta di fibre di cellulosa trattata) + inchiostro (pigmenti + solvente). Un affresco su muro (materiale trattato di CaCO3) + pitture (pigmenti vari) Un gas dentro un recipiente chiuso (molecole e atomi nello stato gassoso) Un liquido dentro un recipiente (H2O, Hg, NaCl in acqua) Un solido (vetro amorfo, SiO2 silice cristallina) Tutti questi sistemi hanno una loro energia interna (U = Energia cinetica + Energia potenziale)

I principio termodinamica: l’energia di un sistema isolato e’ costante Consideriamo un sistema e l’ambiente con cui puo’ interagire. L’evento piu’ semplice da descrivere in termini di scambio di energia sistema-ambiente e’ una semplice reazione chimica. Consideriamo la reazione di combustione di un idrocarburo (e’ noto che produce calore): 
 Butano + ossigeno -> andride carbonica + acqua 
C4H10 + 9/2 O2 ->  4 CO2 + 5 H2O   +  2878 kJ/mol (calore) 

I reagenti (sistema iniziale) dopo la reazione di combustione hanno ceduto all’ambiente una certa quantita’ di energia (2878 kJ/mol), definita Entalpia (H), sotto forma di calore. La reazione e’ Esotermica ed il sistema ha perso energia, pertanto la variazione di entalpia di reazione e’ negativa: ΔH = - 2878 kJ/mol 

Analogamente, la reazione:
  2 NO + O2 ->   2 NO2                  ΔH = - 114 kJ/mol            e’ una reazione esotermica 
 Il sistema iniziale ha perso energia sotto forma di calore 
 La reazione opposta richiede che al sistema venga fornita l’energia dall’ambiente, pertanto 
 2 NO2     ->  2 NO + O2              ΔH =  114 kJ/mol          e’ una reazione endotermica 
 Il sistema iniziale ha acquisito energia sotto forma di calore. 
 Si ricorda che in generale    ΔH = ΔU + Δ(PV)    la variazione di entalpia e’ data dalla variazione di energia interna  e dalle variazioni sul prodotto PV.  Se P e V rimangono costanti   ΔH = ΔU 


Capacita’ termica 
 Il trasferimento del calore tra sistema e ambiente dipende dalla capacita’ termica del materiale.   La capacita’ termica di un materiale e’ definita come la quantita’ di calore necessaria ad innalzare di un grado la temperatura di 1 gr di sostanza [capacita’ termica specifica] oppure di 1 mole di sostanza pura (capacita’ termica molare: solo per specie di cui e’ nota la formula chimica ed il peso molecolare).

 L’entalpia, nelle reazioni chimiche, generalmente esprime in che direzione si verifica il trasferimento di calore: abbiamo reazioni esotermiche dove il sistema cede calore all’ambiente e le reazioni endotermiche dove il sistema acquista calore dall’ambiente. 
 Le reazioni chimiche, come anche molti altri fenomeni fisici, hanno anche una direzione preferenziale: Idrogeno + Ossigeno + scintilla -> acqua (reazione esplosiva) La reazione opposta non si verifica spontaneamente 
 Si hanno trasformazioni spontanee e non spontanee: quelle non spontannee possono essere forzate mediante un intervento (lavoro e/o calore ovvero energia) da parte dell’ambiente esterno.

 Entropia 
 L’ entropia (S) e’ la forma di energia che permette di stabilire se la trasformazione puo’ avvenire spontaneamente.  Sperimentalmente e’ stato osservato che: 1) La materia tende a disperdersi caoticamente 2) L’energia tende a disperdersi caoticamente L’entropia rappresenta la misura della dispersione caotica della materia (atomi e molecole) e dell’energia e la condizione di spontaneita’ e’ che l’entropia aumenti. La trasformazione spontanea comportera’ una variazione positiva dell’entropia ( + ΔS) 
Pertanto si puo’ enunciare il --> II principio della termodinamica:  nel corso di una trasformazione spontanea l’entropia di un sistema isolato aumenta

L’entropia aumenta quando aumentano o il volume o la temperatura: infatti la dispersione caotica delle materia e dell’energia si verifica quando il volume a disposizione e’ maggiore (maggior liberta’ di movimento) oppure quando per effetto della temperatura le molecole possono muoversi piu’ velocemente. 
 L’entropia di una molecola aumenta nel passaggio: solido -> liquido ->  gas. 
 La variazione di entropia in una transizione isotermica come la fusione o la vaporizzazione (dove tutto il calore somministrato viene usato per effettuare la transizione mentre la temperatura rimane costante) e’ data da:

     ΔS = qrev/T  = ΔHfusione,vapor./Tfusione, vapor

 in questo caso la quantita’ di calore trasferita e’ l’entalpia associata alla transizione, ovvero anche, il calore latente. La variazione di entropia dipende dalla temperatura a cui viene effettuato il trasferimento di calore. Consideriamo una certa quantita’ di calore q = 100 kJ trasferita ad un campione di acqua (tanto grande da poter ritenere la temperatura costante): 

a) T iniziale  = 0°C ovvero 273 K  ->   ΔS = 100/273 = 0.366 kJ/K b) Tiniziale  = 100°C ovvero 373 K  ->   ΔS = 100/373 = 0.268 kJ/K Infatti e’ noto che tanto piu’ alta e’ la temperatura iniziale di un sistema, tanto maggior calore (piu’ energia) sara’ necessario per aumentare ulteriormente la temperatura. L’entropia non e’ una funzione lineare della temperatura. 

Per molte reazioni e’ importante considerare anche la variazione di entropia dell’ambiente, come nel caso della reazione di formazione dell’acqua: 
 3 
2 H2(g) + O2(g) --> 2H2O(l)  ΔS° = - 327 J K-1
l’entropia di reazione e’ negativa (si sta passando dallo stao gassoso allo stato liquido, per cui i gradi di liberta’ di movimento delle molecole sono diminuiti, il disordine e’ diminuito).
Ma la reazione, considerata a 25 °C (298 K), e’ fortemente esotermica e libera nell’ambiente 572 kJ di calore (ΔH = - 572 kJ). Dunque, l’ambiente riceve energia in termini di calore (ΔH = + 572 kJ) e la sua entropia aumenta della quantita’     ΔSamb = -ΔH/T  = 572 x 103/ 298  = + 1920 J/K In definitiva (sistema+ambiente) presentano un aumento netto di entropia:

  ΔStotale =  ΔSamb + ΔS°  = 1920 – 327 = + 1593 J/K

La reazione, opportunamente innescata da una scintilla, proseguira’ spontaneamente. La spontaneita’ e’ data dalla relazione

 ΔStotale =  ΔSamb + ΔS°  =  -ΔH/T + ΔS

Allo scopo di ottenere una espressione piu’ maneggevole per considerare le variazioni entropiche di sistema e ambiente, e, quindi valutare la spontaneita’ di un processo, moltiplichiamo l’espressione precedente per –T:

 –T ΔStotale =  ΔH  -  TΔS  = ΔG energia libera di Gibbs

L’energia libera (G) e’ una misura della spontaneita’ di una reazione (o di una trasformazione in generale).  La spontaneita’ e’ garantita quando ΔG ≤ 0 (cioe’ ΔStotale ≥ 0, cioe’ l’entropia totale aumenta). 
 Energia interna (U), Entalpia (H), Entropia (S) Energia libera (G) sono proprieta’ di stato e dipendono solo dallo stato finale e iniziale del sistema. Pertanto per calcolare la variazione di ciascuna proprieta’ di stato si ha sempre: ΔEnergia =   Σ(Energie Finali) – Σ(Energie Iniziali) 

Equilibrio di una reazione chimica.
Due reagenti A e B producono i prodotti C e D. Nella maggior parte dei casi la reazione non procede fino all’esaurimento dei reagenti per ottenere solo i prodotti. La reazione generalmente procede fino a raggiungere una situazione di equilibrio dove ci sara’ una certa concentrazione di prodotti e reagenti. Il rapporto tra  le concentrazioni dei prodotti  e quelle dei reagenti viene definita costante di equilibrio (K). Il valore della costante di equilibrio dipende dalle energie libere associate ai reagenti ed ai prodotti, oltre che dalla temperatura.

 aA + bB <--> cC + dD
     
          aCc x aDd      
   K = ---------------                      
          aAa x aBb


 ΔG = ΔG° + RT ln K 
 dove ΔG° e’ l’energia libera associata alla formazione dei prodotti e dei reagenti nel loro stato standard (P = 1 atm, e T =298 K) 
 All’equilibrio l’energia libera di reazione ΔG e’ uguale a zero (non siverificano piu’ scambi energetici tra sistema e ambiente), e possiamo scrivere 
 ΔG° = - RT ln K Questa relazione indica che le energie libere di prodotti e reagenti condizionano l’ottenimento dell’equilibrio. Una reazione spontanea (ΔG° ≤ 0) comporta ln K > 0 ovvero K > 1.  Se ΔG° > 0,  necessariamente ln K < 0 (poichè R e T sono positivi), pertanto si avrà che la costante di equilibrio sarà compresa tra 0 e 1 (0 < K < 1): ciò significa che il prodotto delle concentrazioni dei reagenti rimane maggiore di quello dei prodotti (la reazione non è favorita) 
 4 

Velocita’ di una reazione chimica 
In una reazione chimica, il tempo entro il quale i reagenti cominciano a trasformarsi in prodotti e raggiungere le condizioni equilibrio dipende da molti fattori:

a) la concentrazione iniziale dei reagenti
b) la temperatura (relazione di Arrhenius)
c) lo stato di aggregazione
d) il valore della costante di equilibrio

Normalmente la velocita’ di reazione viene espressa come moli di reagenti scomparse nell’unita’ di tempo oppure moli di prodotti formate nell’unita’ di tempo. Per ogni reazione vengono determinati gli ordini parziali di reazione (rispetto a ciascun reagente) e quello globale (somma dei parziali) e la costante di velocità la cui espressione dipende dall’ordine globale di reazione. Se e’ possibile sottrarre i prodotti formati, e’ possibile aumentare la resa anche se la velocita’ non si modifica. La maggior parte delle reazioni chimiche comporta una serie di stadi successivi in cui si verificano: a) avvicinamento delle molecole di reagenti b) rottura dei legami dei reagenti c) formazione di nuovi legami d) allontanamento delle molecole di prodotti Tutto questo si traduce in uno stato di transizione caratterizzato (teoria degli urti o del complesso attivato) da un elevata richiesta di energia, detta energia di attivazione (devono essere vinte le forze repulsive e le forze dei legami iniziali). Piu’ elevata e’ l’energia di attivazione, tanto piu’ lenta sara’ la reazione ed il raggiungimento delle condizioni di equilibrio.

 Catalizzatori 
 Esiste spesso la possibilita’ di utilizzare una sostanza che, attraverso la formazione di un complesso transitorio di energia minore rispetto all’energia di attivazione, permette di raggiungere le condizioni di equilibrio molto piu’ rapidamente. Queste sostanze sono definite ‘catalizzatori’ e normalmente non vengono consumate durante lo svolgimento della reazione: vengono usate ma non si modificano chimicamente e si puo’ affermare che dopo la reazione possono essere recuperate e riusate. I catalizzatori più efficaci in natura sono certamente gli enzimi. Per essi si verifica una relazione semplice tra velocità massima e tipo di substrato: la costante di Michaelis-Menten, che rappresenta la concentrazione di substrato necessaria (per quantità unitaria di enzima) per ottenere la metà della velocità massima, definisce l’affinità del substrato per l’enzima

martedì 25 ottobre 2016

Conversione percentuale peso - molarità

Capita molto spesso di trovarsi in laboratorio di dover passare da una concentrazione espressa in % p/p ad una espressa in Moli. 

Ora il passaggio è molto semplice, concettualmente possiamo dividerlo in 2 parti: 
  1. Passare da g di soluto  in 100g di soluzione a moli di soluto tramite la massa molare
  2. Passare dai 100g di soluzione ai litri di soluzione usando la densità

Nelle immagini è ripreso il concetto facendo vedere come si possa lavorare in parallelo

REDOX

In questo post sono illustrati numerosi esercizi riguardanti il bilanciamento e la stechiometria delle reazioni di ossidoriduzione. In tutti gli esercizi sono stati indicati sia i reagenti che i prodotti in quanto lo scopo di questo capitolo è di mostrare le regole seguite nel bilanciamento delle reazioni. Per poter stabilire quali possono essere i prodotti a partire da certi reagenti devono essere conosciuti i valori dei potenziali standard di semireazione che saranno trattati nel capitolo successivo. E’ chiaro che le regole basate sul numero di ossidazione dei vari elementi hanno un loro fondamento sperimentale osservabile solo quando le semireazioni hanno luogo in modo da poter misurare la carica elettrica associata, come in una pila o in un processo di elettrolisi. In pratica sarebbe più diretto ricavare i coefficienti stechiometrici della reazione imponendo il principio di conservazione della massa e della carica elettrica portata dagli ioni. Analogamente per le semireazioni, facendo entrare la carica elettrica nel bilanciamento. In questo modo il numero di elettroni nelle ossidazioni o riduzioni non deriverebbe dalla variazione del numero di ossidazione ma sarebbe una conseguenza della necessità di rispettare i due principi suddetti. Ciononostante, abbiamo preferito seguire il modo tradizionale di presentare l’argomento per evitare scarti troppo vistosi rispetto ai manuali di chimica attualmente in circolazione. 
Seguite il collegamento alla pagina di Chimica Inorganica per il file sulle redox

lunedì 17 ottobre 2016

legge di Fick

Dopo la solvatazione delle molecole avviene il processo di diffusione all’interno del solvente, è un processo che segue il gradiente di concentrazione. Le molecole all’interno di un mezzo si muovono in tutte le direzioni secondo un moto casuale, sono fenomeni casuali che portano al naturale stato di equilibrio termodinamico.

Mentre per comprendere e interpretare il processo di dissoluzione utilizziamo il modello matematico di Noyes-Whitney come capire cosa succede al nostro farmaco in soluzione che per poter essere assorbito deve passare le membrane biologiche (apolari)??
--> le caratteristiche favorevoli ad uno scioglimento rapido un farmaco non sono le stesse che favoriscono un buon assorbimento.

L’assorbimento può essere descritto tramite la legge di Fick:




Esprime l’evolversi di un processo dinamico, la velocità con cui avviene un processo. Mentre la legge di N/W descrive con che velocità un farmaco poco solubile passa in soluzione, la legge di Fick ci dice con che velocità un farmaco attraversa le membrane biologiche.

La velocità con cui un farmaco attraversa una membrana è direttamente proporzionale al coefficiente di diffusione, alla superficie della membrana A che è interessata dal processo di assorbimento ,(è un area superficiale), è inversamente proporzionale a un fattore X che è lo spessore della membrana , abbiamo sempre il gradiente di concentrazione Ce e Ci e poi abbiamo una R che è il coefficiente di ripartizione (possiamo trovarlo indicato come k).

La legge di Fick è una legge di diffusione applicabile in tutti i campi della fisica infatti esprime bene la diffusione del calore per esempio, infatti è una legge di flusso! Può descrivere molti flussi. Questa è la forma della legge di Fick che è stata modificata per renderla funzionale nel flusso di un farmaco attraverso una membrana biologica.



J = dQ / dtA = - DdC / dt

un flusso J di una sostanza è la quantità di questa sostanza che passa in un unità di tempo attraverso una superficie unitaria. Questa è l’espressione di flusso della legge di Fick troviamo che J è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione a meno di un fattore D che è il coefficiente di diffusione! Ha un segno negativo perchè stò studiando un fenomeno in cui una quantità di sostanza va a diminuire nel tempo. Attenzione però!!! il segno negativo non ha significato nei calcoli, spesso per semplificare i calcoli possiamo non considerarlo.

J = dQ / dt = - DdC / dX

volendo applicare questa legge ad un modello sperimentale ossia il flusso attraverso una membrana biologica avremo a sinistra i fluidi gastrici e a destra il sangue.

Il gradiente di concentrazione della legge di Fick dev essere trasformato in una forma finita, cioè non avrò un dX ma dovrò indicare uno spessore della membrana ( h) e non avrò un dC ma avrò una concentrazione su una faccia della membrana e una concentrazione nell'altra faccia della membrana che chiamerò Ci e Ce : queste sono le concentrazioni del farmaco nella faccia della membrana in cui inizia l’assorbimento e nella faccia della membrana a contatto col sangue.

valore D: se stò studiando la dissoluzione e la diffusione dell'acido salicilico D è lo stesso nella legge di Fick e N/W?No!!!!! Il mezzo diffusivo è fondamentale per D, la membrana é una barriera più forte perché le molecole in acqua diffondono meglio rispetto che attraverso una membrana quindi il valore, per lo stesso farmaco, di D è diverso a seconda che consideriamo la dissoluzione e la diffusione!! Dovrò cercare nei tabulati e in letteratura il valore del coefficiente di diffusione dell ibuprofene nelle membrane.

Il coefficiente di diffusione ha un ruolo chiave: se una sostanza è solubile in due solventi ma in maniere diversa, per esempio possiamo utilizzare sia l’acqua che la glicerina, di solito si scioglie la sostanza nel veicolonel quale è più solubile e si miscela. Però ricordate se un farmaco è solubile più in glicerina e meno in acqua si può usare un altro approccio ovvero scioglierlo nel solvente con la dissoluzione più rapida!!! In questo caso in acqua perchè la glicerina è molto piu viscosa e quindi il coefficiente di diffusione del farmaco in glicerina è più basso , mentre la solubilità è più alta, quindi mentre la solubilità è più alta in glicerina però la velocità di dissoluzione è minore. Solubilità e velocità di dissoluzione infatti, non sono sempre concordi, laciando tempo al sistema di stabilizzarsi si ottiene lo stesso risultato ma se la velocità con cui avviene il processo è molto lenta allora conviene scioglierlo in un solvente in cui è meno solubile ma in cui scioglie piu in fretta.

La velocità di dissoluzione è fondamentale perchè quando ingeriamo un farmaco se questo impiega tempi molto elevati per passare in soluzione non fa in tempo ad essere assorbito perchè viene eliminato quindi studiando questi processi è fondamentale la velocità.


Sempre verficare che la legge sia rispettata dal mio modello sperimentale!

Queste leggi devono essere confermate dal modello sperimentale, per esempio posso prendere l’intestino di una cavia, lo metto tra due compartimenti , in uno creo la situazione gastrica mentre dall’altra parte metto del sangue per conoscere la concentrazione del farmaco nelle due facce della membrana, difficilmente otterrei lo stesso risutato in vivo! Chiaramente si pò fare anche in vivo ma dovrei usare una sonda gastrica e prelievi di sangue.

Ma le due concentrazioni da cosa sono legate? La concentrazione dei fluidi gastrici è una concentrazione in acqua, mentre la concentrazione della membrana è una concentrazione in olio. Quindi qual è la caratteristica del farmaco che io studio in preformulazione e che mi consente di fare questo esperimento?
Il coefficiente di ripartizione ovvero il rapporto tra la concentrazione in olio e la concentrazione in acqua di una stessa sostanza lo indico con K ed è il rapporto tra la concentrazione in olio fratto la concentrazione in acqua se io mi calcolo la concentrazione nei fluidi gastrici e lo moltiplico per il coefficiente di ripartizione ottengo la concentrazione nella faccia della membrana.

Facendo lo stesso per l’altra faccia ottengo la concentrazione della seconda faccia della membrana quindi passando dal modello ‘infinito’ al modello ‘finito’ della legge di Fick avrò che X diverrà una quantità infinita, H è lo spessore della membrana ( più è spessa la membrana più è lento l’assorbimento), A è una superficie unitaria, chiaramente stiamo parlando dello stomaco/membrana sperimentale quindi il valore non è uno ma la superficie che stiamo utilizzando nel nostro esperimento.
Il gradiente delle due facce della membrana non lo potrei calcolare ma lo trovo moltiplicando i valori dei due compartimenti che posso monitorare inserendo una sonda nello stomaco o facendo prelievi continui di sangue --> ottengo il valore del gradiente di concentrazione che è il motore del processo.

Così posso controllare che questa equazione rappresenti realmente il mio modello e quindi posso prevedere in ogni momento quanto farmaco è passato in soluzione risolvendo questa equazione per un certo tempo T!




domenica 16 ottobre 2016

Processo di dissoluzione - legge di Noyes-Whitney

Processo di dissoluzione: Un farmaco dalla forma particellare passa alla forma ionica o molecolare

Affinchè si abbia dissoluzione devo avere un granulo di polvere che si disgrega in molecole, quindi volessimo schematizzare partendo da una compressa avremmo:

Compressa-->granuli-->molecole.

Questo è il processo di dissoluzione -> separazione degli aggregati nell unità più piccola nella quale si possono separare.
Nel nostro ambito parliamo di processi biofarmaceutici a tappe lente ovvero parliamo di tappe di dissoluzione che possono in qualche modo rallentare e influenzare la disponibilità del farmaco. Studiando questo processo possiamo elaborare strategie per migliorare velocizzando o rallentando questo processo secondo i nostri interessi.

I farmaci poco solubili in acqua sono per la maggior parte elettroliti deboli possiamo studiare il loro processo di dissoluzione attraverso una legge, un’ espressione matematica del processoche è la legge di Noyes-Whitney (info sulla velocità di dissoluzionedi API poco solubili).

    


La variazione della concentrazione del farmaco nel tempo è differenziale perchè le legge tiene conto degli intervalli di tempo infinitesimi che intercorrono nel processo, la formula tiene conto di tutta una serie di fattori dai quali dipende la velocità, conoscendoli possiamo ricavarla, dq/dt non è altro che la velcità, ovver la quantità di farmaco rilasciata in un certo intervallo di tempo.

Come si effettua lo studio?
Prendo il farmaco, lo mettoin acqua o nel buffer più adatto, il sistema deve essere in agitazione per rendere omogenea la concentrazione della soluzione e ad intervalli di tempo scelti da me o determinati dalla farmacopea prelevo un’ aliquota della soluzione e tramite lo spettrofotometro ottengo la concentrazione e da qui posso ottenere la quantità di farmaco in soluzione e quindi la velocità del processo.

Può essere utile invece che misurare la concentrazione a ogni intervallo di tempo calcolarla direttamente con l’equazione di Noyes-Whitney, perciò è necessario verificare a sua affidabilità sul mio modello sperimentale, per esempio verifico dopo x minuti che il calcolo teorico rispecchi cosa stà avvenendo sperimentalmente, a quel punto se è affidabile posso evitare di effettuare la misura sperimentale e calcolare cosa succederà dopo un tempo x2.( --> il modello matematico è importante ma quando è rappresentativo e quindi ho convalidato sperimentalmente, se il mio modello è rappresentativo posso risolvere l equazione e avere in ogni momento conoscere la concentrazione.

Secondo l’equazioni di N/W la velocità con cui un farmaco passa in soluzione dipende da un coefficiente di diffusione d ,dalla superficie specifica S nella particella che stò studiando, dalla differenza di concentrazione Cs – C (differenza di concentrazione tra lo strato di saturazione e gli strati esterni) ed è inversalmente proporzionale ad un fattore h che indica lo spessore dello strato di saturazione.



Vediamo da un punto di vista qualitativo cosa succede:

prendiamo in considerazione una singola particella ottenuta dalla disgregazione di una forma farmaceutica,una volta in acqua, che succede? L’ acqua aggredisce la superficie della particella, e solvata le molecole superficiali, l’acqua si orienta con il suo dipolo e circonda le molecola, quando il farmaco è poco solubile in genere le forze intramolecolari lo tengono compatto e non gli permettono di disperdersi perchè in genere sono abbastanza forti.

Ma man mano che l’acqua solvata le molecole riesce a vincere le forze intramolecolari e a strappare delle molecole dalla superficie, che essendo completamente circondate da molecole d’acqua non riescono più ad interagire con altre molecole di farmaco. Quindi lazona esterna della particella inizia a liberare molecole.

Man mano che vengono staccate molecole dalla particella si crea uno strato intorno alla particella, chiamato strato diffusionale saturo, che è una zona, intorno alla particella, satura di farmaco.

Secondo N/W il processo di dissoluzione è da suddividere in 2 fasi: una è la dissoluzione vera e propria e dipende dalla capacità di solvatazione dell’acqua, tanto maggiore quanto meno idrofobico è il composto, e poi da una fase di diffusione libera delle molecole nelle zone lontane.

In genere per i farmaci poco solubili la fase di diffusione è piu lenta rispetto alla fase di solvatazione e dissoluzione vera e propria: essendo più lenta fa prima l’acqua a staccare delle molecole piuttosto che le molecole a spargersi attorno e quindi quando la zona intorno è satura non si possono più staccare altre molecole, perchè si è raggiunta la saturazione.

Con questa legge dovremmo essere in grado di interpratare queste due fasi a seconda della molecola:
  • in genere per farmaci poco solubili la fase di solvatazione è piu rapida della fase di diffusione e quindi si crea uno strato di solvatazione, se la diffusione è molto lenta lo strato di saturazione sarà molto grande
  • se invece le due fasi sono più o meno rapide avremo uno strato di saturazione sottilissimo,
  • se la molecola è molto idrofobica l’acqua non riesce neanche a bagnarla ( avrà una tale tensione interfacciale rispetto all’acqua da non permettere neanche all’acqua di avvolgerla e quindi non ci puo essere dissoluzione).

-->Questa legge descrive il processo di dissoluzione di farmaci poco solubili, mentre per farmaci molto solubili o insolubili non è un modello rappresentativo.

Coefficiente di diffusione: ricordare che è un coefficiente non una costante può variare se noi variamo la situazione, è tipico di ogni farmaco e dipende anche dal mezzo di dissoluzione : quindi una molecola in acqua ha un suo coefficiente di diffusione , se invece noi la stessa molecola la vogliamo sciogliere in etanolo, glicerina o olio, dobbiamo calcolare la velocità con un altro coefficiente di diffusione. In generale ci dà una misura della rapidità con cui le molecole solvatate diffondono.

D: in condizioni standard di solvente (a parità di temperatura) diventa una costante, perchè scaldando, diamo più energia cinetica alle molecole che così facendo avranno un amggiore potere solvatante, inoltre indeboliremo le forze tra le molecole di API stesso.

S: è la superficie specifica del farmaco, la superficie specifica non viene espressa in centimetri quadri ma è il rapporto tra le superfici e il volume, è il valore che deriva dalla divisione della superficie della particella per il suo volume.

H: è lo strato di saturazione, questo rallenta il processo infatti quando è saturo non si staccano più molecole quindi piu spesso è lo strato di saturazione e piu lento è il processo, vuol dire che la diffusione è talmente lenta che si crea uno stato stazionario intorno alla particella e non si staccano delle nuove molecole. Ecco perchè è inversamente proporzionale.

Cs è la solubilità , la concentrazione satura, piu elevata è la solubilità più veloce è il processo, mentre C è la concentrazione nelle zone lontane dalla particella a un certo tempo t del processo, siccome stiamo trattando farmaci poco solubili, la concentrazione è bassa, la concentrazione negli strati distanti sarà bassissima --> ai fini del calcolo posso trascurare questo valore e semplificare la legge di N/W.


Considerazioni: questa legge è un buon modello perchè riassume tutti i fattori che troviamo e applichiamo quando vogliamo disciogliere una particella per esempio in laboratorio quando si discioglie qualcosa si agita perchè oltre che fornire energia aumentiamo la velocità di diffusione e poi rompiamo lo strato di saturazione e favoriamo il ripristino di nuovo solvente puro dissolverà la nostra particela da zero, impediamo il formarsi di un equilibrio.

La solubilità è una caratteristica chimico fisica della molecola e non la possiamo cambiare in nessun modo, però si possiamo migliorarla ( la solubilità non cambia) per esempio se un farmaco è attivo in diverse forme polimorfe possiamo scegliere il polimorfo piu solubile, mentre se il farmaco è un elettrolita debole e salificabile posso usare la forma salina: in questo modo non aumento la solubilità ma utilizzo una forma di solubilità maggiore.







mercoledì 5 ottobre 2016

Preformulazione

Tecnologia: si occupa di realizzare e controllare forme farmaceutiche ( questi sono i due step fondamentali della tecnologia), cosa fa? traforma un principio attivo in una forma farmaceutica. Questo è necessario per svariate ragioni come il non possedere determinate proprietà organolettiche, fisiche, di biodisponibilità ect.. Possiamo utilizzare diverse forme farmaceutiche ed eccipienti per questo.

principio attivo -->gt; medicinale
Per poter passare dal principio attivo al medicinale vero e proprio si passa per tre step che sono:
· preformulazione*
· formulazione
· controllo


Preformulazione
è essenziale!! è quella fase che precede la formulazione, prima di decidere se è come formulare il principio attivo è necessario fare dei test sulla molecola.
E’ molto importante per decidere quali sono le forme farmaceutiche piu adatte per formulare il nostro principio attivo, si tiene sopratutto conto della solubilità e della solubilità intrinseca.

In generale l'API per avere successo deve poter essere somministrato per via solida orale, questo perchè il 90% dei farmaci viene preso così! per lo più sono compresse ma anche capsule poi si scelgono i migliori eccipienti.In alternativa possiamo usare altre vie come la via cutanea per patologie inferiori o la via iniettiva che però restano di seconda scelta.
Può essere definita come lo stadio del processo di sviluppo del farmaco in cui vengono definite le proprietà fisico-chimiche e biofarmaceutiche che possono influenzare la disponibilità biologica ( e quindi l'efficacia e la tossicità) del principio attivo. sono proprietà fondamentali ai fini della messa a punto di una forma farmaceutica efficace, sicura e stabile.
I principali parametri fisico-chimici e fisico meccanici da determinare sono stabilità chimica, solubilità, velocità di dissoluzione, costante di dissociazione, coefficiente di ripartizione, cristallinità, polimorfismo, solvatazione e dimensioni particellari.
si effettuano inoltre studi di compatibilità farmaco-eccipiente e indagini preliminari in vivo sull'animale riguardante assorbimento, il metabolismo, il legame alle proteine, la distribuzione e l'eliminazione dell' API nel formulato in sviluppo.
Infine per ottimizzare la biodisponibilità si raccolgono informazioni sulle modalità di somministrazione.
Possiamo dividere i parametri studiati in:
· proprietà fondamentali: specifiche del principio attivo
· proprietà derivate: riguardano il farmaco come polvere

Proprietà fondamentali
riguardano strettamente il principio attivo, abbiamo la solubilità, il coefficiente di dissociazione ossia il pKa, il coefficiente di ripartizione che è molto importante perchè attraverso il suo valore possiamo prevedere come si comporterà il farmaco in vivo, il punto di fusione, in fase preformulativa non ci si accontenta di calcolare il punto di fusione ma si studiano tutte le varie modificazioni degli eventi termici che avvengono quando un materiale o una sostanza vengono sottoposti a riscaldamento infatti ci possono essere delle modifiche strutturali che composti a carattere polimerico subiscono quando vengono sottoposti a riscaldamento che non sono delle fusioni ma sono delle transizioni di stato che influiscono sulle caratteristiche.

Si deve eseguire anche uno screening di stabilità: una molecola viene sottoposta all’azione di calore , luce, ossigeno, e si valutano le modifiche che ci possono essere, in modo da poter ideare delle modalità di formulazione di stabilità e di confezionamento che garantiscano la stabiltà di proprietà biofarmaceutiche e tecnologiche.


1. Solubilità

La solubilità è la concentrazione massima con cui il p.a si scioglie in acqua, ma dal momento che la maggior parte dei farmaci sono elettroliti deboli perciò risulta molto importante, da un punto di vista preformulativo sapere quale delle due forme, forma dissociata e forma indissociata, è preponderante in soluzione per poter capire se il nostro farmaco, oltre che avere una buona dissoluzione nei fluidi biologici possieda pure un buon assorbimento.
Se il nostro API non ha una solubilità di almeno 10 mg/L sono già consapevole avrà problemi di biodisponibilità e sarà necessaria una strategia per incrementare la solubilità.
ma cos'è la solubilità? è la massima quantità di soluto che posso avere in soluzione. Una soluzione è una dispersione omogenea a livello molecolare o ionico o entrambi. Il soluto dovrà essere diviso nelle unità più piccole in cui può dividersi. Se invece ho aggregati non ho una soluzione.
Ci interessa che la dispersione sia molecolare perchè solo le molecole attraversano le membrane!! E di conseguenza solo molecole ( neutre!!!) potranno raggiungere il sistema circolatorio.
come calcolare la solubilità?
Devo trovare la concentrazione in una soluzione satura di farmaco ad una certa temperatura.
In un contenitore ( becker, ect..) pongo un solvente da me scelto in base a ciò che devo verificare, se mi serve trovare la solubilità in acqua chiaramente scelgo acqua! A questo aggiungo un eccesso di farmaco, facendo in modo che ci sia sempre precipitato, e dopo diverso tempo (molto!!) misuro la concentrazione, questo perchè mentre in vivo abbiamo una quantità limitata di farmaco in tantissimo liquido nell'esperimento abbiamo la situazione opposta perciò lasciamo il tempo al sistema di raggungere l'equilibrio.
Come analizzo la concentrazione? di solito si usa la spettroscopia UV perchè è molto comune che le sostanze assorbano in questo campo. Se conosco già la molecola e so a quale lunghezza d'onda misura setto lo strumento al suo massimo di assorbimento, altrimenti se non conosco l'intero spettro prima lo misuro e poi eseguo l'analisi alla lunghezza d'onda del massimo. Chiaramente mi servirà una retta standad delle concentrazione per correlare assormineto a concentrazione.
2. Solubilità intrinseca
E' una proprietà fondamentale che ha interesse solamente nella fase di preformulazione, è la concentrazione in soluzione della sola specie indissociata (che è quella che è capace di attraversare le membrane ed è per questo che ci interessa), facendo lo studio del paragrafo precedente abbiamo ricavato la solubilità totale perchè il metodo analitico non discrimina, per esempio se misuriamo l'assorbimento dell'anello aromatico questo è presente sia nella molecola dissociata che indissociata.
Come me la ricavo? se il farmaco è noto posso usare la sua pKa però se non lo conosco allora sarò io a dover calcolare pKa ( che a questo punto non è più strettamente necessario per trovarla) e solubilità intrinseca. Spostando l'equilibrio di dissociazione dell'acido o della base debole (il nostro farmaco, di solito base debole) facciamo precipitare la molecola, otteniamo così valori di solubilità inferiori che andranno sottratti a quelli precedentemente ottenuti in studi di solubilità totale.
elettroliti forti non hanno solubilità intrinseca mentre per non elettroliti coincidono la solubilità generale e intrinseca.


3. pKa
Mentre pH è una proprietà del mezzo in cui il farmaco verrà disciolto o verrà a contatto il pK invece è una caratteristica della molecola e non varia in funzione del pH.

Conoscere il pK in fase preformulativa è utile perchè ci permette di capire tra le altre cose se possiamo modificare la solubilità di un farmaco variando il pH del mezzo ( ex via orale).

Come calcolo il pKa della molecola che stò studiando? Innanzitutto stabilisco a che pH effettuare l’esperimento e successivamente devo trovare una strategia per calcolare la specie dissociata e quella dissociata.


pKa = pH + log (Cs - C0/C0)

Scelgo un pH neutro per ridurre la solubilità, la solubilità intrinseca la misuro sciogliendo la sostanza a pH fortemente acido o fortemente basico a seconda che sia un acido o una base debole, la concentrazione della specie dissociata quindi la calcolo per differenza tra la solubilità e la solubilità intrinseca: Cs è la solubilità, C0 è la solubilità intrinseca (è un valore tabulato).
Ricapitolando determino : il pH della soluzione, calcolo le concentrazioni presenti trovando la solubilità intrinseca in modo diretto, la solubilità della specie dissociata per differenza tra la solubilità e la solubilità intrinseca e così ho tutti i valori che mi servono nella formula.
Dalla formula vediamo anche perchè il pKa di una molecola è costante infatti al variare del pH varia anche la solubilità intrinseca.
Vediamo le situazioni limite, quando un farmaco ad un certo valore di pH ed è completamente dissociato o completamente indissociato, il log tra il rapporto tra le due specie è uguale a 2 perchè prevale una delle due specie! (Avremo 100 come rapporto, il log100= 2)
avremo due ho due situazioni particolari:

  • predomina specie dissociata
  • predomina specie indissociata


Questo mi dice per esempio che se ho una base debole con un pKa compreso tra 3 e 15 allora difficilmente potrò variare la sua solubilità variando il pH del mezzo. Questo è un esempio dei ragionamenti che si devono fare in fase preformulativa quando si studia una molecola incognita: non so quanto è solubile --> lo misuro, non conosco la solubilità intrinseca -->la misuro, non conosco il pKa -->lo misuro!! poi posso fare una serie di ragionamenti e previsioni su come si comporterà un farmaco quando si troverà a contatto con i fluidi del distretto corporeo di mio interesse.


4. Coefficiente di ripartizione

E’ un rapporto tra due concentrazioni, in genere si usa il coefficiente di ripartizione olio-acqua (o acqua-olio). Essendo un rapporto di due grandezze uguali è un numero, non ha dimensioni, spesso è espresso in forma logaritmica. Viene determinato olio in acqua, come olio si usa il normal ottanolo perchè è quello che ha le caratteristiche piu simili alle membrane biologiche per quanto riguarda le proprietà idrofobiche perciò ottenendo i coefficiente in questo modo si presume sia una buona approssimazione di ciò che avviene in vivo, infatti se cambia la lipofilia del mezzo cambia anche l’equilibrio di ripartizione.

Come si misura il coefficiente di ripartizione? Si inseriscono i due liquidi immiscibili in un miscelatore, -->imbuto separatore, si agita e si inserisce la molecola, si agita di nuovo e la molecola si ripartirà tra le due fasi secondo l’affinità che possiede.
Alla fine si scaricano le due fasi separatamente e si calcola la concentrazione.

Il liquido di ripartizione non viene valutato usando due volumi uguali dei fluidi perchè se la sostanza per esempio è molto idrofoba e utilizziamo due volumi comparabili andrà a ripartirsi completamente nella fase per cui ha piu affinità,è come se non avesse una ripartizione, ma in vivo quando il farmaco si trova disciolto in prossimità dell’ultima membrana biologica (endotelio del vaso) prima dell’entrata nel torrente circolatorio, se la molecola è molto lipofila tenderà a stare nell’endotelio del vaso, però a cause del volume molto maggiore del sangue (perchè è un volume in cui si ricambia continuamente), il suo potere di estrazione è notevole!! e si ripartirà comunque!!! Bisogna tenere conto della diversa affinità e le estrazioni vengono fatte aumentando di volta in volta il volume della fase meno solubile per capire qual è la capacità di ripartizione.

Il coefficiente di ripartizione è importante in tante fasi dello sviluppo farmaceutico. Per esempio quando devo estrarre un prodotto naturale, oppure lo devo separare da altre sostanze sfrutto la ripartizione, oppure utilizzando la cromatografia mi può essere utile per capire come si può ripartire la sostanza, mi serve conoscerlo per prevedere la sua capacità di attraversare le membrane, di passare al sangue etc --> è un elemento fondamentale dello studio preformulativo.


Proprietà derivate
riguardano il farmaco come polvere, sono proprietà che devono essere previste nella fase preformulativa

  • granulometria: al variare del farmaco e a parità di processo tecnologico usato otteniamo granulometrie diverse, questoha un effetto molto importante sulle proprietà biofarmaceutiche ( che sono quelle che avvengono dopo la somministrazione all'interno dell'organismo come il processo di dissoluzione) e le proprietà tecnologiche ( quelle che interessano il processo tecnologico come la scorrevolezza della polvere). Il problema qui per esempio è che più una polvere è sottile più facilitato sarà il processo di dissoluzione ma allo stesso tempo sarà più complicato il processo tecnologico perciò dobbiamo trovare la giusta miscela di eccipienti per ottimizzare entrambi.
  • compatibilità farmaco-eccipienti eccipienti-eccipienti
  • compattabilità: influenza su proprietà tecnologiche
  • scorrevolezza: influenza su proprietà tecnologiche
  • resistenza meccanica: posso imprimere forze differenti e applicare diversi metodi ma è importante che la granulometria resti costante perchè l'intera formulazione si basa sulla prima granulometria che è stata determinata al principio, se cambia durante i processi tecnologici rischio di modificare le proprietà del medicinale.










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