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martedì 28 febbraio 2017

Chimicafisica - I solidi

Di cosa si tratta nell'allegato (è un file su dropbox)


  • Caratteristiche e proprieta' macroscopiche dello stato solido
  • Passaggi di stato di aggregazione della materia 
  • Calore latente relativo alla transizione
-------------->Solidi

mercoledì 22 febbraio 2017

chimicafisica - I Liquidi



-Parametri utili a descrivere le proprieta' macroscopiche dello stato liquido
- Densita', Viscosita', Tensione superficiale


I liquidi possiedono alcune caratteristiche dei solidi e altre dei gas. Le particelle che li costituiscono sono vicine le une alle altre, trattenute da forze attrattive (forze coesive) che ne impediscono la dispersione, a differenza di quanto avviene nei gas.........


..........I liquidi

Slides NON nostre : -->I liquidi <--- br="">

lunedì 20 febbraio 2017

Chromatotron


Il chromatotron è un metodo cromatografico preparativo, radiale e su strato sottile che sfrutta l'accellerazione centrifuga, è stato ideato per essere in grado di rimpiazzare l'utilizzo delle TLC preparative, piccole colonne e dell'HPLC.


Le dimensioni complessivamente sono di 30x35x30 cm.

Per separare il campione lo applichiamo, in soluzione, nel centro del disco rotante e lo copriamo con uno strato sottile di sorbente.

L'eluizione, causata dal solvente, forma delle bande circolari di componenti separati che vengono spinti fuori presso l'estremità del rotore assieme al solvente. Un sistema di raccolta (manuale o automatizzato) porta l'eluato verso un singolo tubo di fuoriuscita. 

E' utile fino a quantità dell'ordine dei 500mg per componente e per campioni che siano sugli 1-2g totali, come in TLC scegliamo una miscela appropriata di solventi per avere l'eluizione.

Le fasi stazionarie sono in gel di silice, allumina e in gel di silice con nitrato d'argento. non è molto utile con fasi stazionare per la reverse phase.

E' compatibile con tutti i più comuni solventi cromatografici incluso l'acido acetico ma non è utilizzabile con acidi minerali.
I vantaggi sono:
  • la semina è molto più semplice in quanto dobbiamo semplicemente applicare il campione al centro, a differenza della TLC la tecnica di semina ha minore influenza
  • le separazioni sono completate rapidamente, nell'ordine dei 20 minuti
  • è presente una luce UV che ci permette direttamente di osservare l'assorbimento UV e i composti colorati durante la separazione cromatografica
  • lo spessore dello strato sorbente è variabile (1,2,4,8 mm) e dà una grande capacità, inoltre è facilmente rigenerabile in situ per poterlo riutilizzare
  • i solventi vengono usati con parsimonia. Il gradiente di eluizione è facile 
  • applicando un'atmosfera di azoto preveniamo l'ossidazione dei campioni
  • è compatto e di piccole dimensioni perciò possiamo spostarlo facilmente di laboratorio in laboratorio, servono pochi controlli e non lavora a pressioni elevate
  • il prezzo è basso e fare molte corse in chromatotron costa meno che fare una singola corsa in HPLC
I composti che mancano in gruppi cromofori sono individuati nelle frazioni eluite tramite TLC convenzionali, infatti non è raccomandato l'accoppiamento del chromatotron con detecton a indice di rifrazione o monitor UV.





venerdì 17 febbraio 2017

CHRONOTOPIC®


Il sistema è molto versatile. Vediamo un esempio che è adatto per farmaci poco solubili, possiamo inserire anche famaci molto solubili, questi ultimi diffonderanno attraverso il polimero rigonfiato prima della completa erosione, questo perchè la lenta interazione del polimero con i liquidi crea uno strato gelatinoso.


  • Rivestimento gastro-resistente
  • Rivestimento di HPMC (idrossipropilmetilcellulosa)
  • Core che contiene il farmaco + eventuali eccipienti 


Questo esempio è una possibilità di realizzazione e modificando le caratteristiche dei vari strati si possono realizzare dei diversi profili di rilascio. 

Anche solo il nome del sistema ci fa capire che questo sistema è tempo programmato e nasce per rilasciare il principio attivo in un tempo preciso. Questi sistemi sono in grado anche di dare contemporaneamente un rilascio ritardato e prolungato: significa che possiamo avere il primo rilascio del farmaco in un momento diverso rispetto al momento di somministrazione, quindi un profilo ematico con la comparsa del picco in ritardo, però invece di avere solo un picco ematico possiamo ottenere un rilascio sostenuto nel tempo. 

Sono sistemi molto versatili che a seconda della tipologia di farmaco sono stati sviluppati con delle caratteristiche diverse. Il chronotopic non è un’unica FFRM; ciò che è brevettato è la tecnologia chronotopic con possibilità di realizzazione con diversi polimeri e diverse modalità di rilascio in funzione delle caratteristiche del farmaco e delle esigenze terapeutiche.

Analizziamo meglio l'esempio fatto,  è un sistema costituito esternamente  da un rivestimento gastroresistente come quasi tutti i sistemi a rilascio ritardato perchè il passaggio attraverso lo stomaco è obbligatorio e sarebbe difficile trovare un sistema che ritardi il rilascio nell’intestino se non preventivamente protetto dall’ambiente gastrico dello stomaco. 

In un ambiente acido si possono indurre troppe varianti perciò una firmatura gastroresistente è praticamente sempre presente nelle forme a rilascio ritardato.

Se il sistema è gastroresistente, una volta che fuoriesce dallo stomaco, il rivestimento si dissolve e a questo punto si attua il controllo del momento in cui deve essere rilasciato nel tratto intestinale.  

Segue un rivestimento di idrossi-propil-metil-cellulosa (HPMC). Questa fa parte dei polimeri idrofili ovvero sistemi idrofili, in genere inerti fino all’ingresso di acqua. L'acqua che entra nel dispositivo, provoca la transizione vetroso-gommoso e fa si che il polimero gelifichi e si attivi. 

In particolare, l’idrossi-propil-metil-cellulosa, opportunamente reticolata, va incontro anche al fenomeno dell’erosione: quindi l’acqua penetra, rigonfia, distende le maglie, origina la transizione, crea il gel e inizia l’erosione superficiale. 

All’interno è contenuto il farmaco.  

Sostanzialmente questo sistema era adatto per quei farmaci molto poco solubili: se il farmaco è molto poco solubile non tende a sciogliersi nel polimero idratato (quando abbiamo visto la forma a rilascio prolungato abbiamo detto che la matrice si idrata e il farmaco discioglie in questa matrice idrata). Se il farmaco è molto poco solubile in acqua, la fase di idratazione e rigonfiamento non interessa il farmaco. Inizia il fenomeno dell’erosione, quando l’erosione tocca una percentuale significativa del polimero il farmaco è libero e viene rilasciato.

Il tempo di latenza, quindi, è in funzione del tempo di erosione del polimero. Se vogliamo avere un tempo di rilascio più lungo aumentiamo lo spessore dello strato del polimero rigonfiabile. Se noi nel sistema inserissimo un farmaco solubile, visto che il tempo di erosione è lungo, nell’intervallo di tempo tra l’ingresso di acqua e l’erosione totale del polimero ci sarà la diffusione del farmaco. 

Ma questo è un sistema tempo programmato  quindi vogliamo che tutto il farmaco esca in un unico momento distante, per esempio, 4-5 ore dal momento della somministrazione (la scelta di questi polimeri dell'esempio è adatta per farmaci molto poco solubili); la quota che diffonde nella matrice idratata è quasi la totalità del core del farmaco rilasciato una volta che c’è l’erosione totale della protezione intorno al sistema.  -

martedì 14 febbraio 2017

Chimicafisica - I gas


Gas: fluido che riempie completamente il recipiente composto da particelle in moto continuo, veloce e disordinato. Le particelle si trovano mediamente distanti tra loro. Gli urti, o collisioni dipendono dalla pressione, ovvero dalla concentrazione delle molecole gassose. A pressione non troppo elevata, per esempio a pressione atmosferica, le interazioni intermolecolari sono piuttosto deboli......................... -->dropboxlink; Gas

Estrazione con fasi solide

L'estrazione con fasi solide viene usata principalmente per allontanare sostanze inquinanti dal nostro campione e per concentrare i nostri analiti in ogni caso ha funzioni di tipo preparativo.

La SPE prevede l'utilizzo di una fase estraente solida, questa normalmente è costituita da una piccola colonna impaccata con materiale avente proprietà sorbenti. E' una tecnica molto diffusa sia per estrarre selettivamente gli analiti che per purificare i campioni (ex prima di una cromatografia).

La tecnica si basa sull'affinità della fase sorbente per alcune sostanze presenti nel campione, queste possono essere sia gli analiti che sostanze interferenti che vogliamo eliminare. In ogni caso le colonnine vengono comprate preimpaccate e spetta a noi scegliere la colonna opportuna a seconda dell'utilizzo che vogliamo farne.

Il procedimento è molto semplice:

  1. Attivazione del materiale sorbente, utilizziamo gocce del solvente che useremo per l'estrazione 
  2. Passaggio del campione sulla colonnina con trattenimento selettivo degli analiti
  3. Lavaggio con il solvente dell'estrazione per eliminare specie indesiderate o desiderate
  4. Desorbimento (eluizione) degli analiti trattenuti cambiando solvente. Cambiamo il solvente perchè vogliamo diminuire l'affinità di ciò che era stato trattenuto con la fase sorbente
Il desorbimento o eluizione è effettuato con un piccolo volume di solvente che recupera le sostanze trattenute, proprio questo usare un volume ridotto rende questa tecnica utile come preparativa per una successiva corsa cromatografica perchè riusciamo a passare da un campione contenuto in una grande quantità di solvente a campione concentrato in poco solvente.

Essendo una tecnica preparativa la scelta del solvente va fatta tenendo conto delle successive tecniche che si andranno ad effettuare per evitare problemi di incompatibilità come:
  • tolleranza per solventi organici
  • pH
  • contenuto salino

Abbiamo diversi tipi di fasi sorbenti, in generale i meccanismi con i quali queste trattengono gli analiti sono:
  • Adsorbimento dovuto alle classiche forze di Van der Waals, legami H, interazioni dipolo-dipolo
  • Interazioni di natura Coulombiana, ovvero interazioni tra cariche di segno opposto, in questi casi per l'eluizione lavoriamo sul pH o sulla forza ionica
  • Ripartizione
Queste fasi sorbenti possono essere polari (Si-CN, in silice e in allumina), non polari (la silice funzionalizzata con gruppi fenile,C18, C8) e a scambio ionico con scambiatori anionici, cationici e a scambio cationico con gruppi chelanti.

domenica 12 febbraio 2017

Perchè ritardare il tempo di rilascio

Gli obiettivi terapeutici per cui si ritarda il momento in cui il farmaco viene rilasciato dalla forma farmaceutica sono due:

  1. modificare il tempo per consentire alla forma farmaceutica di rilasciare il farmaco in un distretto particolare del tratto GI; sono quindi delle forme a rilascio ritardato ma con un obiettivo di rilascio sito specifico
  2. per garantire che il rilascio avvenga effettivamente nel sito desiderato.


Bisogna formulare il sistema in modo tale che il fattore che innesca il rilascio sia un fattore legato al raggiungimento di un certo distretto. In questo modo siamo sicuri che anche con lo svuotamento gastrico e con modifiche nella velocità di transito gastro intestinale, comunque il rilascio avvenga in quel particolare distretto. 

Esempio --> l’utilizzo di fattori quale la degradazione enzimatica, nel caso in cui si riesca ad avere una degradazione che sia specifica per una determinata tipologia di enzima che è presente in un certo distretto del canale gastro enterico; oppure il pH. 

Si può calcolare facilmente il momento in cui si ha la rottura meccanica legata alla pressione data dai moti peristaltici del canale gastro-enterico, in genere aiutata anche dalla presenza di eccipienti che devono essere forti disgreganti e che quindi, a contatto con i fluidi biologici, sollecitino la membrana che riveste il dispositivo, questa, sollecitata dalla pressione esterna e dalla pressione interna va incontro ad una rottura con rilascio del farmaco. 

sabato 11 febbraio 2017

pH nelle strategie formulative a rilascio modificato

Parlando di pH ci troviamo nell’ambito delle strategie formulative, le forme gastroresistenti non sono considerate forme a rilascio modificato, ma vengono fatte rientrare nelle forme a rilascio convenzionali. 

I motivi per cui si vuole evitare che un farmaco venga anche solo parzialmente rilasciato nello stomaco non sono legati ai profili ematici, ma possono essere quelli di proteggere il farmaco dall’ambiente gastrico, evitare lo scatenarsi di fenomeni di iperacidità in presenza di farmaci con conseguenti ulcerazioni e così via.

Usare compresse gastroresistenti non viene considerato un sistema a rilascio modificato, ma una strategia formulativa che migliora le forme convenzionali. 

In generale vista la variabilità del pH in tutto il canale gastroenterico possiamo ottenere un ritardo finalizzato al rilascio in una certa zona rivestendo il nostro sistema con una membrana polimerica, che mantenga la sua integrità a determinati valori di pH e che invece subisca facilmente fenomeni di idrolisi e di dissoluzione quando questo pH cambia. 
Naturalmente il polimero è fondamentale, dobbiamo scegliere il polimero che sia sensibile a piccole fluttuazioni di pH, più preciso sarà e più moduleremo meglio il rilascio. 

È importantissimo lo spessore del polimero, perché i materiali che vanno incontro a idrolisi pH dipendente, sono materiali che non sono completamente inattivi a contatto coni fluidi biologici. Quindi se io voglio essere sicuro che raggiunga un certo tratto inalterato utilizzerò una copertura più spessa e calcolerò il tempo necessario per la distruzione. E' molto importante il tempo di svuotamento gastrico, perché anche una compressa gastroresistente se permane troppo a lungo nello stomaco comincia a dar luogo a fenomeni idrolitici, infatti le variazioni di pH non sempre così marcate e dipendono da moltissimi fattori. 

venerdì 10 febbraio 2017

Anione enolato

Gli idrogeni in alfa ad un carbonio carbonilico sono dotati di una certa acidità in quanto il carbonio carbonilico è elettronpovero, elettrofilo ed attira elettroni aumentano la polarità dei legami C-H adiacenti. 

Con una base sufficientemente forte si può strappare il protone, H+, creando così un anione enolato.



L'anione enolato è stabilizzato da due strutture di risonanza, la più significativa è quella con la carica negativa sull'ossigeno, che essendo un atomo più elettronegativo del carbonio porta meglio la carica negativa, per questo tale struttura di risonanza porta i maggior contributo alla stabilità dell'ibrido. 
Le strutture di risonanza ci spiegano che sebbene la maggior parte della carica negativa sia sull'ossigeno vi è ancora una significativa carica negativa anche sul carbonio in alfa.

Quali sono le caratteristiche che deve avere un composto per poter essere enolizzato? Ecco qui il LINK, il post è scritto in inglese però la traduzione del gadget che abbiamo inserito nel blog e che potete trovare in alto sulla sinistra è abbastanza fedele.





giovedì 9 febbraio 2017

PULSINCAP

E' una FFRM per la via orale che ci permette di effettuare un rilascio modificato controllando il tempo di rilascio.

Il Pulsincap è costituito da un corpo completamente insolubile, non di gelatina, e da una testa di gelatina, quindi da una testa classica.

Ogni capsula è costituita da un corpo e una testa: il corpo accoglie il farmaco e la testa è praticamente il tappo della capsula, volendolo paragonale ad altre FF.

Tutto il Pulsincap è rivestito da un polimero gastro resistente. 
Quando il rivestimento gastroresistente si scioglie, il corpo è insolubile, quindi non interagisce con l’acqua. La testa invece si disperde immediatamente perchè è di gelatina. 

In questo sistema c’è un elemento che manca nella capsule convenzionali che è il tappo. Questo setto viene inserito per chiudere il corpo della capsula, mentre la testa riveste, chiude esternamente, questo tappo è posto proprio all’interno del corpo ed è costituito da un polimero idrofilo a rigonfiamento limitato. 

Sono chiamati anche hydrogel e sono polimeri idrofili che si rigonfiano ma non passano in soluzione perchè sono reticolati e i tubi di reticolazione sono insolubili. 

Quando la testa della capsula si scioglie, i fluidi biologici arrivano a questo tappo e iniziano ad entrare nel tappo, lo rigonfiano e inizia a rigonfiarsi.

Il tempo di rigonfiamento e l’aumento di volume di rigonfiamento dipende dal grado di reticolazione. Ma ci sarà comunque un momento in cui, prima che i punti di reticolazione entrino in tensione e impediscano un’ulteriore rigonfiamento, il polimerosarà aumentato di dimensioni talmente tanto da non riuscire più a rimanere incastrato nel corpo della capsula e fuoriesce. 

La fuoriuscita del tappo libera completamente il principio attivo contenuto al suo interno perchè non c’è più una capsula aperta. 

Quindi il tempo di latenza e il tempo di rilascio dato dal PULSINCAP dipendono dal tempo che impiega il tappo a rigonfiarsi e a diventare talmente grande da non stare più nella sua sede.

Esce come un tappo di spumante da una bottiglia ed esattamente come avviene nelle bottiglie di spumante, è possibile favorire la fuoriuscita del farmaco con degli eccipienti effervescenti posti all’interno, in modo tale che il rilascio sia ulteriormente aumentato. 

La spinta di fuoriuscita del tappo dipende dal tempo che impiega il polimero a rigonfiarsi. Il PULSINCAP è stato brevettato per il rilascio di una sola dose. Ma in realtà ha subito un’evoluzione per la quale se noi disponiamo più setti possiamo avere dei rilasci pulsatili: il primo tappo si rigonfia, non sta nella sua sede, esce e libera una prima dose. A quel punto l’acqua entra a contatto con il secondo tappo che prima non poteva essere bagnata dall’acqua perchè l’acqua era bloccata dal primo tappo, bagna il secondo tappo e fuoriesce. 

sabato 4 febbraio 2017

Macerazione

La macerazione è una tecnica di estrazione statica a freddo, consistente nel trattare un solvente o più, a temperatura ambiente e in un contenitore ermetico alcune matrici (animali, vegetali o inorganiche) per estrarne determinati componenti. 

Il tempo di macerazione varia in base al principio attivo che si cerca di estrarre e anche in base al solvente utilizzato. Il prodotto della macerazione è detto macerato, però nel caso degli estratti vegetali e del solvente utilizzato possono essere: Oleoliti (in un olio vegetale), tinture e tinture madri (in una miscela di acqua e alcol), macerati glicerici (miscela in quantità uguali di alcol etilico, acqua e glicerina), estratti glicolici (glicole propilenico).

Simili ma differente alla macerazione è la digestione che consiste in una macerazione condotta a temperature del'ordine dei 40-60°C, questa si applica per sostanze poco solubili a freddo e alterabili oltre i 65°C.
E' utilizzata per esempio in enologia, nell'industria cartaria e in ambito cosmetico e farmaceutico che sono quelli che a noi più interessano.
Consiste nel lasciare a contatto per un tempo più o meno lungo, anche due settimane, la droga con il solvente scelto; si utilizza, preferenzialmente rispetto alla spremitura, quando non si ha a disposizione un percolatore, ma anche quando i principi attivi da estrarre sono:
  • molto solubili
  • alterabili dal calore
  • molto volatili

Effettiamo la macerazione in un contenitore di vetro munito di tappo, si può usare facilmente un becker, utilizzando del cotone per sigillare la camera che deve essere ermeticamente chiusa perchè deve saturarsi del vapore del solvente per poter aumentare il potere estraente. 
Quanto solvente usare? Non esiste un rapporto teorico ottimale, ma il solvente deve ricoprire la matrice. 

Qualsiasi sia la matrice è meglio sminuzzarla, polverizzarla, perchè la macerazione  è una tecnica statica perciò non essendoci movimento si formerà una zona di saturazione nella quale il solvente perderà il proprio potere estraente, un accorgimento potrebbe essere agitare ogni tanto in modo da dinamizzare il processo, sminuzzando aumentiamo la superficie a disposizione del solvente per estrarre e eventualmente potremmo mettere in evidenza maggiori quantità di analiti nel caso si trovassero all'interno.

Se effettuiamo la macerazioni con solventi differenti dall'acqua sarebbe meglio usare preparati secchi per evitare l'influenza dell'acqua come solvente.
La macerazione può essere ottimizzata analizzado la natura delle droga e il principio attivo da estrarre. La natura della droga influenza notevolmente l'estrazione. 
ex. Se dobbiamo estrarre da tessuti particolarmente coriacei, come radici o corteccia, possiamo tentare l'utilizzo di temperature maggiori della temperatura ambiente, (max 35 °C o staremmo effettuando una digestione) in modo tale da aumentare l'energia cinetica del sistema e dei fluidi. 
Il macinare droga come detto in precedenza è un'ottima tecnica di preparazione all'estrazione perchè aumenta l'area superficiale di dissoluzione. La scelta ottimale del solvente richiede particolare attenzione. Il solvente deve essere affine ai principi attivi che vogliamo estrarre ed è anche possibile utilizzare solventi acidi o basici per estrarre quelle sostanze che salificano in quel determinato ambiente.

Benvenuti

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