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mercoledì 30 novembre 2016

Basic Introduction to Organic Chemistry - summary - Chapter 1

Organic compounds are compounds that contain carbon. 
The atomic number of an atom equals the number of protons in its nucleus. The mass number of an atom is the sum of its protons and neutrons. Isotopes have the same atomic number, but different mass numbers. 

An atomic orbital indicates where there is a high probability of finding an electron. The closer the atomic orbital is to the nucleus, the lower is its energy. Degenerate orbitals have the same energy.

Electrons are assigned to orbitals following the aufbau principle, the Pauli exclusion principle, and Hund’s rule.

The octet rule states that an atom will give up,accept,or share electrons in order to fill its outer shell or attain an outer shell with eight electrons. Electropositive elements readily lose electrons; electronegative elements readily acquire electrons. 

The electronic configuration of an atom describes the orbitals occupied by the atom’s electrons. Electrons in inner shells are called core electrons; electrons in the outermost shell are called valence electrons. Lonepair electrons are valence electrons that are not used in bonding. 

Attractive forces between opposite charges are called electrostatic attractions. An ionic bond is formed by a transfer of electrons; a covalent bond is formed by sharing electrons. A polar covalent bond has a dipole, measured by a dipole moment. The dipole moment of a molecule depends on the magnitudes and directions of the bond dipole moments. 

Lewis structures indicate which atoms are bonded together and show lone pairs and formal charges. A carbocation has a positively charged carbon, a carbanion has a negatively charged carbon, and a radical has an unpaired electron.

According to molecular orbital (MO) theory, covalent bonds result when atomic orbitals combine to form molecular orbitals. Atomic orbitals combine to give a bonding MO and a higher energy antibonding MO.
Cylindrically symmetrical bonds are called sigma bonds; pi bonds form when p orbitals overlap side-toside. Bond strength is measured by the bond dissociation energy. A bond is stronger than a bond. All single bonds in organic compounds are bonds, a double bond consists of one bond and one bond, and a triple bond consists of one bond and two bonds. Triple bonds are shorter and stronger than double bonds, which are shorter and stronger than single bonds. To form four bonds, carbon promotes an electron from a 2s to a 2p orbital. C, N, and O form bonds using hybrid orbitals.

The hybridization of C, N, or O depends on the number of bonds the atom forms: No bonds means that the atom is hybridized, one bond indicates that it is hybridized, and two bonds signifies that it is sp hybridized. Exceptions are carbocations and carbon radicals, which are hybridized.

The more s character in the orbital used to form a bond, the shorter and stronger the bond is and the larger the bond angle is. Bonding and lone-pair electrons around an atom are positioned as far apart as possible.

An acid is a species that donates a proton, and a base is a species that accepts a proton. A Lewis acid is a species that accepts a share in an electron pair; a Lewis base is a species that donates a share in an electron pair.
Acidity is a measure of the tendency of a compound to give up a proton. Basicity is a measure of a compound’s affinity for a proton. The stronger the acid, the weaker is its conjugate base. The strength of an acid is given by the acid dissociation constant

Approximate values are as follows: protonated alcohols, protonated carboxylic acids, protonated water carboxylic acids protonated amines alcohols and water

The pH of a solution indicates the concentration of positively charged hydrogen ions in the solution.

In acid–base reactions, the equilibrium favors reaction of the strong and formation of the weak. The strength of an acid is determined by the stability of its conjugate base:
The more stable the base, the stronger is its conjugate acid.

When atoms are similar in size, the more acidic compound has its hydrogen attached to the more electronegative atom. When atoms are very different in size, the more acidic compound has its hydrogen attached to the larger atom. Inductive electron withdrawal increases acidity; acidity decreases with increasing distance between the electron-withdrawing substituent and the ionizing group.
Delocalized electrons are electrons shared by more than two atoms. A compound with delocalized electrons has resonance. The resonance hybrid is a composite of the resonance contributors,which differ only in the location of their lone-pair and electrons.
The Henderson–Hasselbalch equation gives the relationship between and pH:A compound exists primarily in its acidic form in solutions more acidic than its value and primarily in its basic form in solutions more basic than its value. 

from - Organic chemistry - Bruice - Chapter 1 summary

giovedì 24 novembre 2016

FARMACI ANALGESICI



I farmaci analgesici  intervengono nella percezione del dolore come anche gli anestetici generali e gli anestetici locali. I farmaci analgesici si suddividono in  grandi famiglie che  vengono usate in base al tipo di dolore che si deve fronteggiare.

Le famiglie sono:
- ANALGESICI OPPIOIDI (prima venivano chiamati analgesici narcotici, proprio perché l’oppio e i suoi derivati producono uno stato di narcosi)che comprendono sia gli oppiacei contenuti nell’ oppio e i suoi derivati semi sintetici, che delle sostanze che sono completamente di sintesi. Tra gli analgesici oppioidi ci sono alcuni con caratteristiche antidolorifiche, più o meno forti:
  • Agonisti forti( morfina, medatone, fentanil ) sono degli antidolorifici forti.
  • Agonisti deboli (codeina, destropropossifene, tramadolo) hanno scarse proprietà antidolorifiche.
  • Agonisti-antagonisti o agonisti parziali ( pentazocina e buprenorfina) hanno caratteristiche miste agonista-antagonista per i recettori degli oppioidi oppure di agonisti parziali

ANALGESICI NON OPPIODI  
Farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS)

-Esistono poi una serie di farmaci utilizzati per particolari tipologie di dolore:
  • farmaci adiuvanti
  • antidepressivi
  • antiepilettici
  • ansiolitici
  • neurolettici
  • anestetici locali
  • miorilassanti
  • corticosteroidi
  • capsaicina

Questi sono farmaci che appartengono ad altre categorie terapeutiche che sembrerebbero non avere nulla a che fare con la terapia del dolore.

L’utilizzo di questi farmaci dipende anche dal tipo di dolore che si deve andare a trattare.

Dolore acuto
Il dolore acuto è legato ad un particolare momento e può essere dovuto a:
  • trauma
  • viscerale (infarto, colica)
  • operazione chirurgica
  • lesione muscolare
  • parto
  • manovra diagnostica o terapeutica

Per il trattamento di questi dolori si utilizzano sia FANS che oppiacei, a seconda della gravità del dolore ( più il dolore è grave più si tende ad utilizzare gli oppiacei, mentre se il dolore è meno acuto si utilizzano i FANS). Essendo una sintomatologia di tipo acuto la somministrazione avviene per un breve periodo di tempo, questo comporta che gli effetti collaterali siano trascurabili.

Dolore cronico da cancro
Esistono dei dolori cronici in cui la somministrazione dell’ antidolorifico deve essere protratta nel tempo ( es.: dolori delle malattie neoplastiche, soprattutto a livello osseo quando le malattie localizzate come tumori diventano metastasi) . Nella terapia del dolore da tumore si utilizza la scala OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità) che prevede l’utilizzo in un primo periodo di FANS, quando il dolore può essere più controllato da questi farmaci si passa all’utilizzo di OPPIACEI DEBOLI ( che abbiano caratteristiche di agonisti parziali: ossicodone, buprenorfina, codeina, tramadolo), poi quando anche questi farmaci riescono a contrastare la sintomatologia dolorosa si passa all’utilizzo degli OPPIACEI FORTI che vengono somministrati anche per via epidurale (agonisti puri: morfina, metadone). I FANS che vengono utilizzati nella prima fase della terapia antidolorifica nei dolori da cancro in realtà non sono abbandonati del tutto,  ma sono  somministrati correttamente anche con gli oppioidi nella fase in cui sono utilizzati gli oppiacei deboli e oppiacei forti. Gli effetti collaterali sono gravi, in quanto la terapia si può protrarre per mesi o anni, non sono trascurabili. Questo trattamento è limitato nel tempo.

Dolore cronico benigno
I dolori cronici benigni sono trascinati per tutto il corso della vita . Sono dolori di tipo:
  • articolare  ( malattie di tipo reumatico e malattie autoimmuni)
  • neuropatico ( post-herpetico, trigemino)
  • centrale
  • cefalea (riguarda i nervi del trigemino che innervano il volto)

In questo tipo di dolore cronico si utilizzano i FANS. Per le malattie autoimmuni si utilizzano delle sostanze in grado di bloccare la funzione del TNF, antidepressivi anticonvulsivanti.
Gli analgesici di tipo oppiaceo vengono usati per la terapia del dolore cronico soltanto quando gli effetti collaterali dei FANS sono inaccettabili (nefropatici) o quando il dolore non risponde a nessuno dei farmaci appena elencato.

......continua....
se siete interessati a questi appunti contattateci per maggiori informazioni


















lunedì 14 novembre 2016

Valutare acidità basicità in composti organici

Un esercizio classico nei compiti di Chimica organica è quello che chiede di valutare l'acidità di un composto o di mettere in ordine di acidità/basicità i diversi composti.

Allora ecco una dispensa utile e rapida sui principi sui quali focalizzarsi quando si va ad analizzare un composto organico per capire se possieda proprietà acide o basiche.

Il link rimanda a dropbox.

Acido/base organica


domenica 6 novembre 2016

Tecniche cromatografiche


Le tecniche cromatografiche sono tecniche di separazione dei componenti di una miscela basate sulla diversa distribuzione (ripartizione) dei componenti della miscela tra due fasi immiscibili tra loro: la fase mobile e la fase stazionaria. La fase mobile viene fatta scorrere attraverso la fase stazionaria.



Il fondamento di tutte le tecniche è il Kr, il coefficiente di ripartizione, questo definisce le proporzioni in cui una sostanza si distribuisce tra le due fasi immiscibili. Ogni sostanza ha un caratteristico Kr che la identifica in modo univoco.

Kr= concetrazione fase stazionaria/ concentrazione fase mobile

L’efficienza di una colonna si quantifica con il numero di piatti teorici: il più piccolo volume all’interno della colonna in cui il soluto raggiunge un equilibrio tra fase mobile e fase stazionaria ovvero il più piccolo volume nel quale si instaura una ripartizione.



La separazione di sostanze diverse tramite il passaggio di fase mobile attraverso una fase stazionaria è detto eluizione.
Abbiamo 4 principali parametri in cromatografia:
  • tempo di ritenzione: tempo che intercorre dall’introduzione del campione in colonna all’uscita dello stesso, corrisponde all’apice del picco di eluizione corrispondente alla sostanza.
  • tempo morto: tempo che una molecola no ntrattenuta impiega per uscire dalla colonna
  • tempo netto di ritenzione: differenza tra tempo di ritenzione e tempo morto
  • larghezza dei picchi
La bontà di un sistema cromatografico dipende da:
  • selettività, ovvero la capacità di discriminare tra due composti strutturalmente correlati (rapporto tra tempi di ritenzione)
  • efficienza, misura degli effetti di diffuzione che provocano l’allargamento dei picchi e la loro sovrapposizione
  • capacità, misura della quantità di materiali che può essere risolto senza sovrapposizione dei picchi



Adesso ci concentreremo sulla cromatografia liquida, di questa abbiamo due famiglie:
  • Cromatografia su strato sottile (su carta): si usa in modalità analitica, si provoca la separazione delle sostanze su una fase stazionaria che è un foglio di carta, la fase mobile sono dei solventi organici, è poco usata in fase preparativa perchè causa la denaturazione delle proteine però ci da informazioni per esempio sulla purezza del nostro preparato.
  • Cromatografia su colonna: si effettua in modalità preparativa e solo in casi particolari può essere usata a scopo analitico, può essere utile a determinare il punto isoelettrico. A differenza dell’HPLC utilizza basse pressioni.

Vediamo come è fatta una colonna per cromatografia liquida:

Tipicamente il reservoir e la colonna sono collegati da una pompa peristaltica per regolare il flusso nel tempo.

L’eluato viene raccolto in contenitori diversi, per non stare a seguire la colonna per tutto il tempo utilizziamo un robottino raccoglitore di frazioni.

Ogni analita (A) sarà presente nel’eluato in un certo momento, analiti diversi possono effluire anche con tempi uguali. Ciascuno però sarà caratterizzato da un proprio coeffiente di distribuzione Kd e coefficiente di ripartizione Kr.

Kd= [A]nella fase stazionaria/[A]nella fase mobile

Abbiamo 3 possibili casi:

  • Se Kd=1 allora le concentrazioni nelle due fasi sono uguali [A]mob = [A]staz
  • Se Kd>1 allora la [A]staz >[A]mob e quindi l’analita interagisce più facilmente con la fase stazionaria, perciò si muoverà più lentamente perchè ha meno affinità col flusso mobile
  • Se Kd<1 allora [A]mob > [A]staz perciò l’analita si muoverà più velocemente

Possiamo misurare la concentrazione dell’analita nelle diverse soluzioni tramite l’assorbimento della luce. Vedremo l’argomento meglio più avanti però in generale possiamo dire che:
1. Troviamo l’Assorbimento

2. Dall’assorbimento troviamo la concentrazione secondo la legge di Lambert-Beer
A= Ɛƛ l c
dove l = cammino ottico, c è la concentrazione e Ɛƛ è una costante che dipende dalla lunghezza d’onda e dalla sostanza che stiamo utilizzando.

Dobbiamo scegliere la lunghezza d’onda adeguata, di solito si sceglie 280 nm perchè nel campo UV a questa lunghezza d’onda sono sensibili tutti i composti aromatici a causa dei doppi legami coniugati e siccome stiamo analizzando proteine è praticamente sicuro siano presenti residui amminoacidici aromatici nella struttura.

Per misurare l’assorbimento possiamo usare un fotometro UV che legge l’assorbimento dell’eluato e lo memorizza in un recorder, l’eluato poi viene raccolto frazionato, lo strumento non presenta una cuvetta classica, è particolare perchè deve misurare l’assorbimento istante per istante in un liquido che cambia, possiede una cella a flusso.

Fase stazionaria
Per la realizzazione della fase stazionaria è molto importante la scelta della matrice poichè questa è il suo supporto, la matrice + gruppi funzionali costituiscono la fase stazionaria. Modificando la matrice inserendo specifici gruppi funzionali otteniamo la fase stazionaria.
Le matrici devono essere stabili dal punto di vista meccanico e permettere flussi elevati di fase mobile, devono essere stabili da un punto di vista chimico senza reagire con la fase mobile o con gli analiti. Ovviamente vogliamo siano insolubili nella fase mobile e nel campione e i gruppi funzionali devono essere opportuni per legare i gruppi funzionali per costituire la fase stazionaria. Infine sarebbe opportuna un’elevata densità di gruppi funzionali per ottenere un’elevata capacità.

Tipi di matrice:
  • inorganiche in silice (usate sopratutto per HPLC)
  • Polisaccaridiche in cellulosa, destrano, agarosio
  • Polimeri organici sintetic come l’acrilamide e il polistirene

Fasi operative di una separazione cromatografica:
  1. Impaccamento della colonna
  2. Caricamento del campione
  3. Eluizione
  4. Rivelazione analiti
  5. Raccolta delle frazioni
  6. Controllo della purificazione


Impaccamento della colonna
E’ il riempimento della colonna con la fase stazionaria, bisogna stare attenti ad equilibrarla opportunamente:
  • se la possiediamo in forma di polvere è necessario sospenderla nella fase mobile, in genere acquosa e a pH controllato
  • se è già in sospensione in una miscela di acqua/solvente organico (di solito etanolo, si usano solventi organici per conservare a lungo termine) bisogna cambiare la soluzione nella quale è sospesa.
La sospensione deve essere versata nella colonna in continuità e delicatamenteper evitare di formare bolle d’aria,inoltre bisogna tenere chiuso il rubinetto. Poi apriamo il rubinetto per far scendere la fase mobile in eccesso mentre la fase stazionaria precipita nel filtro per formare un letto di fase stazionaria, ricordarsi di non fare MAI andare a secco la fase stazionaria, deve esserci sempre fase mobile, a fine operazione chiudiamo il rubinetto.

Caricamento del campione
Il campione viene caricato con una pipetta goccia a goccia, una volta deposto possiamo aprire il rubinetto e lo chiudiamo una volta che il campione è venuto a contatto con tutta la fase stazionaria.
A questo punto aggiungiamo fase mobile e apriamo il rubinetto nuovamente, all’inizio uscirà solamente fase mobile, quando otterremo i grafico sarà a causa di questa soluzione di sola fase mobile che registreremo 0 di assorbimento.

Eluizione
Durante questa fase i componenti della miscela si muovono lungo la colonna in funzione della loro interazione con la fase stazionaria e con la fase mobile in funzione del Kd.

Per evitare di dover continuare ad aggiungere fase mobile usiamo un reservoir con se possibile una pompa per uniformare il flusso.

Nella eluizione gli analiti si separano, tempo e volume di eluizione sono il tempo impiegato da ciascun analita per uscire dalla colonna e il volume di fase mobile necessario per eluire ciascun analita. Questi due parametri sono collegati dalla relazione:

Ve = te F

Ve= volume di eluizione
te= tempo di eluizione
F= flusso

Possiamo scegliere noi che parametro usare per caratterizzare la soluzione, tanto scelto uno otteniamo facilmente l’altro.


Possiamo usare il volume di eluizione o il numero di provette infatti sono equivalenti, oppure il tempo di eluizione che è collegato.


Possiamo scegliere di effettuare l’eluizione in modi diversi:
  1. isocratica: processo di separazione nella colonna che avviene senza che noi modifichiamo la nostra fase mobile o le condizioni di eluizione. 
  2. non isocratica: lo sviluppo della colonna avviene modificando una o più caratteristiche della fase mobile (come pH o forza ionica)


L’eluizione non isocratica si divide in eluizione in gradiente e eluizione a step, mentre in quest’ultimo in genere è l’operatore a variare il gradiente nel primo tipo, per ottenere un gradiente costante e riproducibile è necessario utilizzare macchinari speciali, questi sono il formatore di gradiente o due pompe. Con questi due accorgimenti le variazioni sono continue e costanti e toccano tutti i punti intermedi del parametro che abbiamo scelto di variare.

Due pompe: da due recipienti preleviamo due fasi mobili differenti e selezionando chee potenza avranno le due pompe potrò variare il gradiente.

Formatore di gradienti:


I due recipienti del formatore di gradienti contengono due soluzioni differenti in termini del parameto che vogliamo variare, sono collegati alla base perchè funionano secondo il principio dei vasi comunicanti* e il secondo, quello collegato con la colonna, è chiamato recipiente di miscelazione (mixing chamber), deve essere sotto costante agitazione (con agitatore meccanico o magnetico) in modo da miscelare opportunamente la soluzione che andrà a costituire la fase mobile.

* Il principio dei vasi comunicanti è il principiofisico secondo il quale un liquido contenuto in due o più contenitori comunicanti tra loro, in presenza di gravità, raggiunge lo stesso livello originando un'unica superficie equipotenziale. In sostanza se 1ml va dal contenitore con Tamp A alla colonna allora 1ml andrà dal contenitore con Tamp B al contenitore Tamp A.

Rivelazione degli analiti

Misuriamo il parametro assorbimento mediante un fotometro ad un’opportuna lunghezza d’onda.
I nostri analiti a fine cromatografia si troveranno nel nostro raccoglitore di frazioni.

Questo è un esempio di come apparirebbe un grafico di eluizione dopo misura dell’assorbimento, notare che viene indicato anche il gradiente di fase mobile se utilizato, l’asse a destra viene sempre utilizzat per questo.



Controllo della purificazione
Se il picco è simmetrico è ragionevole supporre sia composto da una sola proteina però è necessario avere la certezza.
Si effettua il controllo mediante una tecnica analitica come l’elettroforesi, si raccolgono i componenti e si pongono in un gel elettroforetico, vogliamo avere solo una banda perchè è indice di un solo analita, se ne ritroviamo più di una la separazione non ha avuto successo.*

* La proteina potrebbe però avere una struttura quaternaria e averla persa durante la cromatografia dividendosi così nelle sue componenti.



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